Little, Big
Recensione del libro di John Crowley, pubblicato da Oscar Mondadori.
‘L’amore è un mito.’ disse Nonno Trota. ‘Come l’estate.’
‘Cosa?’
‘In inverno’ spiegò Nonno Trota, ‘l’estate è un mito. Qualcosa di cui si è sentito parlare, una diceria. Alla quale non bisogna credere. Capisci? L’amore è un mito. E anche l’estate.’
Difficile recensire questo libro, davvero molto difficile. Questo perché non vuole essere il classico fantasy, meglio ancora non vuole essere classico in niente. Diventa complicato parlare di trama, personaggi e worldbuilding quando si ha davanti un libro così non convenzionale, difficile dare un commento strutturato con anche solo una parvenza di ordine quando quest’ultimo sembra totalmente assente dal romanzo. Le mie saranno osservazioni sparse che, spero, prenderanno una vaga forma di recensione, anche se strana e particolare, esattamente come Little, Big.
Ci troviamo davanti ad una saga familiare, che segue quattro generazione di Drinkwaters unite dalla Fiaba, un storia molto lunga di cui fanno parte ma che non sanno come prosegue né come o quando finirà. Il primo personaggio che ci viene presentato è Smoky Barnable, esterno alla famiglia e in procinto di unircisi, esattamente come noi lettorз: sia dentro che fuori, con alcune conoscenze ma sempre con la sensazione che qualcosa ci sfugga. Questo è sia il fascino che il problema del libro: da un lato, la curiosità di scoprire di più su questa Fiaba, su i segreti di famiglia e chi siano davvero questi loro costantemente menzionati, è ciò che spinge a continuare la lettura, dall’altro la costante mancanza di risposte, o perlomeno di risposte chiare, anche e soprattutto sul finale lascia un po’ l’amaro in bocca. Mi spiego: non pretendo di capire tutto e subito, e il meccanismo di svelare piano piano i vari misteri non mi è sicuramente nuovo, però alcune spiegazioni durante la storia risultano confusionarie e più che mai difficili da seguire, se non addirittura date per scontate e quindi incomprensibili; sul finale riponevo tutte le mie speranze di comprensione e, purtroppo, è stata una delusione, il motivo per cui da quasi capolavoro sono passata a buon libro, ma ho letto di meglio. La confusione che regna nelle ultime pagine unita alla (mia) impossibilità di comprendere almeno ciò che sta succedendo mi ha ricordato molto Il mare senza stelle, stesso genere di surreale che sfiora (e a volte supera) il limite dell’assurdo. Qui la situazione è migliore: la scrittura non porta mai all’eccesso questo elemento e l’assurdità è solo, appunto, sfiorata. L’atmosfera che pervade il romanzo è proprio questa di realismo magico che si mescola al surreale, creando un effetto onirico e fantastico, sullo stile di Sogno di una notte di mezza estate ma ancora più irreale come Alice nel Paese delle Meraviglie.
In quest’atmosfera molto particolare, la trama è quasi inesistente, è piuttosto un insieme di storie sul passato della famiglia, su i suoi membri, sulla labirintica Edgewood e, solo verso la fine, su come tutto questo porterà al compimento della Fiaba (anche se appunto, non è propriamente chiaro come e perché). I personaggi sono ben descritti e caratterizzati, difficile empatizzare con tutti dato il poco spazio che hanno per emergere. Infatti, su tutti sarà Auberon (Barnable, non Drinkwater) ad arrivare ǝ lettorǝ. Allo stesso modo della trama, il worldbuilding è solo vagamente accennato, qualche tentativo di approfondimento che non sempre riesce nell’intento: ci sono alcune spiegazioni, soprattutto su loro e il loro mondo, ma molto complesse, filosofiche (e non sto esagerando) e astratte, che confondono più che aiutare. In generale, la sensazione di non capire tutto mi ha infastidito solo una volta finito il libro più che durante la lettura, perché continuavo a non aver capito niente o quasi.
Ho adorato questo libro, finché non l’ho finito e allora mi è solo piaciuto abbastanza. L’atmosfera magica e surreale che lo pervade ha il suo fascino, grazie anche all’ottima scrittura di Crowley, ed è la principale spinta a continuare la lettura. Al tempo stesso, questa irrealtà, al limite dell’assurdità, crea confusione nella storia e nel worldbuilding, soprattutto sul finale che non mi ha aiutato a comprendere né mi ha dato le risposte che cercavo.
Voto: 8/10
Little, Big
di John Crowley
Editore: Oscar Mondadori – Collana: Fantastica
Pagine: 612
Smoky è un ragazzo razionale, con i piedi per terra, sembra l’opposto della famiglia Drinkwater, di cui sta per sposare la figlia Daily Alice. Eppure presto anche attorno a lui iniziano a succedere eventi fuori dal normale. Che tipo di mondo è quello in cui sta per entrare Smoky?
Saga familiare, favola, racconto segreto, Little, Big mescola Shakespeare, Lewis Carroll, il folclore persiano e molto altro ancora per regalarci la storia di un amore splendido e di una perdita struggente, di cose impossibili e di destini ineluttabili. La storia di individui minuscoli persi in un universo immenso, ma capaci di contenere quell’universo dentro di sé. La storia, soprattutto, della Fiaba che tutti ci avvolge.