Un ricordo chiamato impero
Recensione del libro di Arkady Martine, pubblicato da Oscar Mondadori. Alla fine trovate anche dei consigli di lettura.
Ecco l’avanzare inarrestabile della civiltà che allunga il suo artiglio sul nero spazio interstellare, un conforto per ogni capitano quando guarda il vuoto e spera di non vedere nulla che lo guardi a sua volta. Eccola, nelle carte stellari, la divisione dell’universo in “impero” e “altro”, nel “mondo” e nel “non mondo”.
Molte delle riflessioni all’interno di questo libro sono incentrate proprio su questo: il costante desiderio della civiltà di espandersi, di scoprire e colonizzare nuovi pianeti e culture e il suo considerare, di conseguenza, come barbaro qualunque cosa al di fuori dei confini scelti dall’Impero. Conosciamo questa civiltà tramite gli occhi di Mahit, ambasciatrice di una piccola stazione, che si ritrova nel Gioiello del Mondo, la capitale e cuore dell’Impero, e deve destreggiarsi nella cultura e politica Teixcalaaniana per far sì che Lsel, la sua patria, resti indipendente. Niente di nuovo: intrighi politici, assassinii, tradimenti, rivoluzioni, ribelli e compagnia, tranne per due elementi che elevano il libro da semplice copia di Dune o del Trono di Spade ma nello spazio, a piccolo gioiellino. La protagonista non è la prescelta, non è lei e solo lei che deve salvare il mondo, insomma ciao ciao al trope “the chosen one” che non ci mancherà.
Ma la vera chicca sta nel world building. L’autrice si immagina un intero universo (e mi riferisco proprio all’universo di stelle, pianeti e galassie), dominato quasi totalmente dall’Impero del Teixcalaan, pianeta dal quale vengono gli umani che hanno colonizzato lo spazio. Veniamo introdotti a quest’universo proprio a partire dalla cultura Teixcalaaniana, l’unica considerata di qualità e con una certa importanza in quanto colonizzatrice, ma conosciamo anche le culture barbare, nello specifico quella di Lsel, patria della protagonista. Dalla politica all’economia, passando per la letteratura su cui, in realtà, si basa tutta la cultura dell’Impero, fino alla lingua (di cui potete trovare un approfondimento fonetico a fine libro!), ogni singolo aspetto è curato e spiegato nel dettaglio. Con questa mole di informazioni sul world building il rischio di risultare didascalico era molto alto, ma l’autrice riesce a mantenere la lettura scorrevole, senza spiegoni che rallentano la narrazione, scegliendo come protagonista un’ambasciatrice, per la precisione una che ha appena acquisito il ruolo. Mahit vede e scopre molti aspetti della cultura Teixcalaaniana per la prima volta, esattamente come ə lettorə, che riesce ad immedesimarsi in lei, andando alla scoperta dell’Impero. Mano a mano che Mahit si addentra nella vita di corte anche tutte le conoscenze che possedeva già vengono spiegate, ma grazie al lavoro di fino di prima, sembra di avere una macchina imago nel cervello da cui attingere le informazioni necessarie, invece di star leggendo una dettagliata spiegazione delle usanze o della lingua di un universo sconosciuto.
I personaggi non risentono dall’altissima attenzione posta al world building, anzi alcuni ne escono addirittura arricchiti, come Tre Posidonia, cresciuta ed educata nell’Impero e, quindi, estremamente influenzata dalla sua cultura e tradizione. Mahit è sicuramente quella caratterizzata meglio, insieme (ovviamente se avete letto il libro) a Yskandr, ma anche i vari personaggi secondari hanno una loro profondità, come Diciannove Ascia, di cui seguiamo l’evoluzione al pari di quella della protagonista.
Se devo trovarci un difetto in questo libro, è che risulta un po’ freddo. Mi spiego, è presente anche una storia d’amore e vari eventi drammatici che, però, non sono riusciti a coinvolgermi a livello empatico. Ero curiosa di andare avanti a leggere, di sapere che cosa sarebbe successo e scoprire i vari complotti, ma era un po’ indifferente agli aspetti più umani della storia. E solo per questo non si merita il massimo dei voti.
Di questo libro ho adorato il world building, tutto super curato e dettagliato, e i personaggi, approfonditi e ben caratterizzati. Nonostante la complessità di trama e ambientazione, la lettura è scorrevole, i capitoli anche se lunghi mi sono volati. L’unico difetto è che gli aspetti più umani della storia (drammi, storie d’amore ecc.) non sono riusciti a coinvolgermi, al contrario della storia che, invece, mi ha tenuto incollata alle pagine.
Voto: 9/10
Un ricordo chiamato impero
di Arkady Martine
Editore: Oscar Mondadori – Collana: Fantastica
Pagine: 468
L’ambasciatrice Mahit Dzmare è in viaggio verso la capitale dell’Impero del Teixcalaan, ansiosa di assumere il nuovo incarico che le è stato assegnato. Quando arriva, però, scopre che il suo predecessore è morto, ma nessuno è disposto ad ammettere che non si è trattato di una morte accidentale. Né che Mahit potrebbe essere la prossima vittima.
E adesso Mahit deve, nell’ordine: scoprire chi si cela dietro l’assassinio; rimanere viva; proteggere dalle mire espansionistiche del Teixcalaan la sua patria, Lsel, una stazione mineraria piccola ma decisa a difendere la propria indipendenza a ogni costo. E tutto questo mentre si trova a esplorare una cultura aliena fin troppo affascinante, tessere intrighi e nascondere un segreto tecnologico che potrebbe segnare la fine di Lsel, o salvarla dalla distruzione.
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