Search

Juniper & Thorn

Recensione del libro di Ava Reid, pubblicato da Ne/oN.

Gli unici mostri rimasti a Oblya vivevano qui, sotto il mio letto o nel nostro giardino, e non bramavano la carne umana. Tutti i mostri di quel genere erano morti molto tempo fa.

Questo libro è stata una delusione, dopo aver adorato A Study in Drowning, mi aspettavo molto di meglio dall’autrice. È evidente che questo è stato scritto prima, manca quella maturità che ho invece trovato nell’ultimo. Ma andiamo con ordine, come sempre.
La storia è ispirata a una fiaba dei fratelli Grimm, Il ginepro, ma non è un retelling in senso stretto: prende alcuni aspetti e poi li rielabora in modo molto diverso. L’atmosfera è, però, più sul gotico horror e il tentativo dell’autrice di introdurre elementi più fiabeschi crea solo confusione, le due cose non riescono a fondersi, non c’è equilibrio, cozzano tra di loro. La trama è quasi inesistente, escluse le ultime pagine in cui sucede di tutto in poco tempo, prima c’è solo l’insta love mal gestito tra la protagonista e il belloccio di turno e tante, ma tante lamentele di Marlinchen per il suo essere insignificante, goffa ecc. La storia d’amore è peggiorata dall’eccessiva sessualizzazione, e non intendo nel senso di scene spicy: i due piccioncini sembrano conigli in calore, non per la quantità ma per la costante ossessione, la protagonista non riesce a pensare ad altro, sia in riferimento a Sevastyan che in generale (credo che la parola più frequente sia proprio capezzoli), le sue costanti fantasie sono estremamente ripetitive e anche un po’ disturbanti ma questo è il meno. Verso la fine ci dovrebbero essere dei colpi di scena, telefonatissimi da pagina 2 tipo: il mistero non viene costruito bene nel corso del libro, quando l’autrice vuole far venire dubbi o creare quell’atmosfera di sospetto intorno a determinati eventi ottiene solo confusione, non è chiaro cosa sia importante e cosa no e l’aver già intuito la soluzione non aiuta perché è tutto molto forzato.
La caratterizzazione dei personaggi non aiuta: banale e stereotipata, soprattutto per quanto riguarda la protagonista spesso contraddittoria perché ci viene mostrata come ingenua e fuori dal mondo ma poi si masturba, ha fantasie sessuali molto spinte se paragonate a come ci viene rappresentata. Marlinchen, come anche Sevas, è sicuramente una persona molto traumatizzata ma per entrambi lo si capisce solo dalla descrizione di ciò che subiscono e hanno subito, non dalla caratterizzazione che risulta invece molto piatta. Quasi peggio i personaggi secondari: le due sorelle della protagonista sono inutilmente cattive, agiscono senza logica e vengono utilizzate solo per rivelazioni a caso a Marlinchen perché troppo stupida per arrivarci da sola; il padre è il cattivo della storia, per motivazioni banali se non inesistenti, a prescindere da tutti i tentativi della protagonista di psicoanalizzarlo; lo stesso si può dire per Derkach, lì solo per rappresentare il trauma di Sevastyan. Parlando di traumi, la rappresentazione non è d’impatto, resta solo un tratto caratterizzante dei personaggi, ma senza che venga approfondita. Seguire i pensieri di Marlinchen dovrebbe aiutare un minimo, si intravedono le conseguenze di quello che ha subito ma si perde tutto a causa dei problemi di cui sopra, della trama confusa, dell’ambientazione raffazzonata e worldbuilding più che superficiale.
Infatti, non viene presentato nulla dell’aspetto magico se non che le trasformazioni sono irreversibili e la magia ha un prezzo (che novità): il resto è un miscuglio di informazioni che non servono a nulla perché sono troppo casuali per creare un worldbuilding arricchente anche se di sfondo. Il resto dell’ambientazione richiama la città di Odessa probabilmente tra fine Ottocento e inizio Novecento, con l’arrivo della rivoluzione industriale e del capitalismo. Manca una vera e propria presentazione della società, qualche accenno ma per il resto sono nomi che non dicono nulla a chi come me non sa di cosa si sta parlando, aumentando solamente il senso di confusione, compagno costante durante questa lettura. Anche per quanto riguarda l’idea che il capitalismo sarà la morte della magia non si riesce a capire perché, o comunque non è molto chiaro: le varie creature magiche vengono scacciate dai loro habitat naturali dalla diffusione dell’industria e dal progresso ma non è chiaro come questo influisca sulla magia in sè. Inoltre non si capisce il senso di questo elemento: non influisce per niente sulla storia, potrebbe essere un interessante aggiunta (come ne L’immortale di Catherynne Valente) ma è gestito male e in maniera superficiale, resta sullo sfondo, insomma se ne poteva fare a meno dati i risultati.
Ultima nota sulla scrittura: Ava Reid ha uno stile molto vivido e immersivo, in questo libro ho trovato solo un po’ troppe metafore arzigogolate che facevano perdere il filo del discorso, proprio quello che non serviva a questo libro.

Meno male che non ho conosciuto Ava Reid con questo libro, o rischiavo di non leggere più niente di suo. La storia è inesistente, confusa e scontata quando c’è; i personaggi sono banali e stereotipati, insta love al punto che non so per quale motivo si amino i due; worldbuilding e tematiche gestiti in maniera superficiale, poco curata e per niente efficace. La scrittura è molto vivida, ma ci sono troppe metafore arzigogolate che non aiutano a seguire la confusione persistente di questo libro.

Voto: 3.5/10

Juniper & Thorn

di Ava Reid

Editore: Ne/oN

Pagine: 320

Marlinchen e le sue sorelle sono le ultime vere streghe di Oblya, una città in cui la magia sta lasciando posto all’industria. Considerate poco più che un’attrazione per turisti, trascorrono le giornate curando clienti con rimedi arcaici e incantesimi nostalgici, mentre tentano di ammansire il padre, uno stregone tirannico e xenofobo, che tiene le figlie rinchiuse nella casa fatiscente. Di notte, però, riescono a sfuggire alla casa e al padre per godersi i palpiti della città, in particolare il teatro del balletto di nuova apertura, dove Marlinchen incontra un ballerino che le catturerà il cuore. Ma man a mano che i loro incontri notturni si fanno più intensi e frequenti, la minaccia dell’ira del padre si fa più incombente. E mentre la città prospera, un mostro si cela nel suo ventre, nato dall’intolleranza e dal risentimento, intriso del potere di un mondo antico.

Della stessa autrice…

Qui trovate la recensione!

A Study in Drowning

Editore: Il Castoro – Collana: Il Castoro Off

Pagine: 372

Effy Sayre ha sempre creduto nelle fiabe. Non ha avuto scelta. Fin da bambina, è perseguitata da visioni del Re delle Fate. Ha trovato conforto solo tra le pagine di Angharad, il romanzo del compianto Emrys Myrddin che racconta di una giovane che si innamora del Re delle Fate, arrivando però a distruggerlo.
Il libro è tutto ciò che tiene a galla Effy alla prestigiosa facoltà di architettura dell’Università del Llyr. Così, quando la famiglia Myrddin indice un bando per ristrutturare la magione dell’autore, Effy è sicura che questo sia il suo destino.
Ma Villa Hiraeth è un’impresa impossibile: una casa ammuffita e decrepita sul punto di sgretolarsi nel mare affamato. E quando Effy vi arriva, scopre di non essere sola. Preston Héloury, un giovane e tedioso studioso di letteratura, è determinato a dimostrare che il prestigioso autore era un truffatore.
Mentre i due studenti investigano sull’eredità di Myrddin, mettendo insieme i frammenti attraverso lettere, libri e diari, scoprono che le fondamenta della casa non sono l’unica cosa di cui non ci si può fidare. Forze oscure, sia mortali sia magiche, cospirano contro di loro… e la verità potrebbe portare entrambi alla rovina.