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Il sole e il vuoto

Recensione del libro di Gabriela Romero Lacruz, pubblicato da Ne/oN.

Per il bene della sua famiglia, doveva convincersi costantemente che le dolorose visite nel cuore della notte erano solo frammenti dei suoi incubi e non qualcosa che sarebbe stato giusto chiamare magia.

Questo libro ha del potenziale, ma nient’altro. Non riesco a salvare nulla, non completamente almeno.
Il grosso problema sono le due protagoniste, Reina e Eva: stessa identica caratterizzazione, all’apparenza ingenue ma in realtà entrambe solo molto stupide, incapaci di reagire se non costrette, costantemente manipolate da chi le circonda (e fanno anche bene, è un miracolo che queste due siano in grado di camminare senza assistenza), arrivata a metà libro avevo solo una gran voglia di prenderle a schiaffi dalla frustrazione. La cosa peggiore sono però i loro ragionamenti: senza senso, neanche una parvenza di logica, si contraddicono da sole nel giro di poche righe e, immancabilmente, arrivano sempre alla conclusione sbagliata, sia a livello di storia che di semplice buonsenso.
Le loro contraddizioni sono essenzialmente dovute alla trama: sembra che l’autrice abbia unito una storia a dei personaggi, senza che combacino tra di loro. Se Reina ragiona in un certo modo, ma la storia necessita che lei si comporti nell’esatto opposto così sarà e di conseguenza risulta tutto molto forzato, privo di senso e raffazzonato. Peccato, perché la trama aveva del potenziale interessante: all’inizio riesce ad essere intrigante e abbastanza coinvolgente, finché non si creano questi scontri tra la caratterizzazione delle protagoniste e lo sviluppo previsto dall’autrice per la storia. Inoltre, non funzionano nemmeno i colpi di scena: sconvolgenti solo per Reina e Eva che non capiscono un ca**o, perdonate il francesismo, al punto che verso la fine del libro la stessa Reina dopo aver appreso non ricordo che notizia “scioccante” ammette di essere una sciocca (anche troppo buona, io arrivata lì avrei detto di peggio ormai) e di esserlo sempre stata, almeno lo sa. Ovviamente con questa quantità di idiozia, pure la storia d’amore ne esce male: non vediamo il legame crescere e formarsi, Celeste è semplicemente una ragazzina viziata e arrogante, ma bellissima ovvero l’unico apparente motivo per cui Reina si innamora di lei (non è spoiler perché parliamo delle prime 30/40 pagine al massimo); quando l’autrice introduce il triangolo amoroso il tutto prende una deriva illogica e totalmente priva di senso. Restando in tema personaggi, da notare che anche i secondari sono difettosi per così dire: hanno un unico ruolo e quello svolgono, senza parvenza di una caratterizzazione di qualche tipo, sono puramente funzionali alla storia.
Purtroppo i problemi non si limitano a questi. Il worldbuilding anche aveva un sacco di potenziale, è l’elemento che più attraeva del libro, peccato che sia solamente molto confuso e approfondito a caso. La parte storica del mondo è ben fatta: ispirata alla reale storia coloniale del Sud America, è fore un po’ didascalica, ma d’effetto. Peccato che serve a ben poco, aggiunge qualche sfumatura interessante al contesto e per il resto rimane di sfondo, di poca importanza. La questione religiosa, anch’essa ispirata dalla realtà storica, risulta invece fin troppo semplicistica: i penitenti (leggi Cristiani) sono tutti personaggi mostrati come negativi, conservatori che odiano la magia e la considerano eresia, disconoscono le divinità delle popolazioni indigene, ecc. Tutto molto realistico, ma anche superficiale: non viene spiegato nulla di quello che sarebbe la religione della Vergine, perché hanno una determinata visione della geomancia e dei suoi dèi, è tutto solo una copia ben poco approfondita del cristianesimo e della sua diffusione durante il colonialismo. Per fare un esempio senza spoiler, l’arcivescovo di Galeno è stereotipato all’inverosimile: viscido, con quella finta benevolenza con cui maschera il disprezzo per i non credenti, o meglio per gli indigeni non umani (valco e nozariel), vede la magia come il male e arriva ad una vera e propria caccia alle streghe (piccola parentesi per aggiungere che questo aspetto come tanti altri viene introdotto e poi dimenticato, restando totalmente ininfluente e quindi un inutile spreco di tempo). Veniamo appunto alla magia, o meglio geomancia. Prima di tutto è effettivamente oscura e malvagia, non tutta certo, ma c’è proprio la distinzione tra le due divinità (il Sole e il Vuoto del titolo, ma a loro ci arrivo tra un attimo), quindi è anche sbagliato mostrare come ignoranza e ottusità l’idea che ne hanno i penitenti. Seconda cosa, a parte sapere che si basa sull’utilizzo dei minerali, fatto che viene ripetuto più volte forse anche troppe, non si sa altro sul suo funzionamento: cosa può o non può fare, possono usarla tutti o solo qualcuno, il nulla cosmico. Semplicemente l’autrice fa fare cose alla magia quando le serve che le faccia. Inoltre la distinzione tra Ches e Rahmagut, i due dèi indigeni, non è ben chiara: all’inizio sembrano essere due divinità che non c’entrano niente l’una con l’altra, poi diventano due in costante lotta (classico bene vs male), ma non si sa il perché; c’è un costante scetticismo sulla loro esistenza quando viene praticata la magia a loro legata costantemente. Anche qui, la distinzione tra i due tipi di geomancia è poco chiara, non si capisce quale siano le differenze, insomma manca tutto un approfondimento sul funzionamento che considerata l’importanza ai fini della trama, sarebbe stato necessario.
Ultimo aspetto, e poi basta che mi sono già dilungata fin troppo, la scrittura. Ha alcuni difetti oggettivi, ovvero le descrizioni e i dialoghi: le prime sono troppo dettagliate e ripetitive, vogliono essere evocative e immersive ma risultano fredde e tutte uguali; per quanto riguarda i secondi, ho letto di peggio, ma sono comunque irrealistici, finti e forzati.

Questo libro è riassumibile in due parole: potenziale sprecato. La storia poteva essere intrigante, ma risulta forzata e scontata, a causa delle due protagoniste, ugualmente stupide, che agiscono in costante contraddizione con quello che pensano e che non capiscono nulla, creando dei colpi di scena sorprendenti solo per loro. Il worldbuilding all’inizio sembrava interessante e originale, peccato che poi non venga veramente approfondito e molti aspetti risultino poco chiari e trattati superficialmente. La scrittura non è molto scorrevole, anzi le descrizioni ripetitive e tutte uguali rallentano la lettura.

Voto: 4/10

Il sole e il vuoto

di Gabriela Romero Lacruz

Editore: Ne/oN

Pagine: 544

Reina è disperata. Da sempre ai margini della società, la sua speranza è l’invito di una nonna che non ha mai conosciuto. Ma il viaggio per raggiungerla è pericoloso, e le preghiere non bastano a evitare il disastro. Attaccata dalle creature che si aggirano per le montagne, Reina è sull’orlo della morte, ma viene salvata proprio da sua nonna, una maga oscura. La sua vita ora dipende dalla magia della Doña, e Reina dovrà fare di tutto per guadagnarsi – e mantenere – il suo favore. Anche seguire gli ordini che un dio antico che le sussurra all’orecchio di notte. 
Eva Kesaré è una reietta. Il suo sangue misto e le sue origini la rendono la vergogna della famiglia. Pur cercando in ogni modo di essere la figlia perfetta, nasconde un segreto: la magia la chiama. Eva sa che dovrebbe combattere la tentazione. La magia è il segno del Dio Oscuro, e utilizzarla è punibile con la morte. Ma è difficile ignorare il potere che ti è sempre stato negato. 
Entrambe cercano disperatamente di sfuggire a un destino che sembra già segnato. Sia il sole che il vuoto possono dare loro la forza di farlo: avranno ciò che serve per usarla?