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Il ladro linguanera

Recensione del libro di Christopher Buehlman, pubblicato da Fazi.

Se l’onore avesse deciso di partecipare alle nostre avventure, speravo soltanto che l’avrei riconosciuto; me l’avevano indicato qualche volta, ma non avevamo mai fatto davvero amicizia.

Partiamo con il dire che questo libro mi è piaciuto, solo non quanto mi aspettavo, e a quanto pare, quanto sta piacendo al resto del book mondo. In confronto la mia recensione sembrerà al limite del negativo, motivo per cui ho voluto precisare che in realtà è un buon libro, solo non ottimo.
Il grande punto di forza di Il ladro linguanera è sicuramente il protagonista, Kinch che racconta in prima persona, rivolgendosi direttamente ǝl lettorǝ. Kinch è scanzonato, sboccato, irriverente, un anti-eroe nel senso letterale del termine: è l’esatto opposto, non ha onore, molti pochi principi, ed è estremamente ridicolo (nel senso più positivo); non è il classico protagonista tormentato dal suo passato e dalle sue azioni, che si redimerà con gesta eroiche alla fine del libro, è un ladruncolo amante dei soldi che cerca di (soprav)vivere. Sicuramente, come narratore è perfetto: intrattiene, anche quando deposita info dump sul worldbuilding, e quasi riesce a far distogliere l’attenzione dal fatto che metà, se non di più, di quello che succede è filler e che la storia è in realtà di una banalità disarmante, più semplice di una fiaba. Probabilmente è questo il motivo per cui non l’ho apprezzato quanto altrɜ: per quanto simpatico come narratore, non è riuscito a non farmi notare il resto. Nonostante Kinch sia abbastanza ben caratterizzato, è molto statico, non c’è nessun tipo di cambiamento nel corso del libro, sia come maturazione che come situazione in cui si ritrova. I personaggi secondari sono molto di sfondo, utili per il proseguimento della trama e per qualche scena comica e/o tragica, non hanno quindi una gran caratterizzazione anche perché è tutto dal punto di vista di Kinch.
Per quanto riguarda il worldbuilding, risulta molto curato e dettagliato sulla parte politica, religiosa e culturale del mondo creato da Buehlman. Infatti, contribuisce molto alla scorrevolezza della lettura, perché risulta immersivo e realistico. Il punto di vista di Kinch dà quel tocco in più: una visione critica e definita del mondo che lo circonda, che per quanto fantasy non si discosta troppo dal nostro, per come è strutturato e per la dinamiche sociali mostrate. Quasi completamente assente, invece, l’approfondimento sulla magia e il suo funzionamento. Questo penalizza un po’ lo sviluppo della trama: le varie difficoltà sono ‘facilmente’ superate con diverse magie in base all’occasione, il classico deus ex machina che salva la situazione, e toglie un po’ la suspense alla situazioni più tese. Non siamo a livelli di plot armor, almeno non per quanto rigurada i personaggi secondari; Kinch ne è invece ricoperto da capo a piedi, infatti è quando lui è in pericolo che si perde la tensione e l’ansia di sapere come finirà. Un’ultima annotazione sul worldbuilding, una piccolezza che però mi ha infastidito parecchio: l’autore si è inventato lingue diverse per ogni stato del mondo, usate dai vari personaggi e/o descritte da Kinch, moltissimi momenti ‘comici’ sono proprio legati alle pronunce scorrette dovute a pesanti accenti che storpiano le parole; tutto questo è super positivo, contribuisce a quel senso di realismo di cui sopra, peccato che diventa difficile sospendere l’incredulità e rimanere immersi nel mondo quando Kinch fa battute basate su giochi di parole in inglese. Mi spiego meglio: come già accennato il protagonista punta molto sul lato comico e irriverente nella sua narrazione degli eventi, le battute non mancano come neanche le volgarità; avendolo letto in italiano ho la certezza di due passaggi, ma in lingua originale potrebbero essercene altri, in cui Kinch fa delle battute tramite gioco di parole, utilizzando l’inglese come lingua di riferimento, invece dell’holtico che dovrebbe parlare. Mi rendo conto che si tratta di un dettaglio, ma c’è un motivo se nei fantasy non è così comune l’uso di lingue inventate.
A questo proposito, devo dire che la traduzione italiana merita un applauso perché, oltre a quello di cui ho appena parlato, lo stile dell’autore, o meglio della narrazione di Kinch, è molto particolare e ricco di slang, insomma non facile da rendere in un’altra lingua. Del resto Donatella Rizzati, la traduttrice, aveva già dato prova della sua bravura con Piranesi e Little, Big, giusto per citarne due.
La trama, come ho già detto sopra, è molto semplice e banale, non ci sono grossi colpi di scena e la suspense è tutta nella riuscita del viaggio. Non c’è niente di male in questo, il problema è che durante questa grande avventura è come se i personaggi decidessero di fare una serie infinita di missioni secondarie, quasi completamente inutili e scollegate dalla storia principale, che appaiono come filler e allungano il brodo senza che ce ne fosse davvero bisogno. Il finale è in linea con il resto del libro, un po’ affrettato considerato lo spazio perso da altre cose inutili.

Questo libro mi è piaciuto, ma non l’ho adorato. Kinch, il protagonista, è il narratore perfetto per questa storia: sboccato e irriverente, alleggerisce l’atmosfera con le sue battute e il suo stile particolare. È sempre lui che ci presenta il worldbuilding, curato e dettagliato, anche se con troppo infodump. I personaggi secondari sono poco approfonditi, sia per il ruolo marginale che hanno sia perché abbiamo solo il punto di vista di Kinch. La storia è molto semplice e banale, con tante parti filler e un finale frettoloso.

Voto: 7/10

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Il ladro linguanera

di Christopher Buehlman

Editore: Fazi – Collana: Lainya

Pagine: 406

In un mondo dove la morte è costantemente dietro l’angolo, l’onore è un lusso che pochi possono permettersi.
Kinch Na Shannack è debitore di una considerevole somma verso la Gilda dei Prenditori, che gli ha impartito un’impeccabile istruzione per diventare ladro, insegnandogli, tra le altre cose, a scassinare serrature, scalare muri, usare il coltello, raccontare bugie, piazzare trappole, nonché lanciare qualche piccolo incantesimo. Decide quindi di nascondersi nel folto della foresta per mettere in pratica quello che ha imparato contro il primo malcapitato che si troverà a passare di lì. Purtroppo per lui, però, si trova davanti Galva, ancella della dea della morte e abile guerriera, sopravvissuta alle feroci guerre contro i goblin; sta viaggiando in cerca della sua regina, scomparsa dopo che la città del Nord in cui si trovava è caduta in mano ai giganti. È così che Kinch, a cui Galva risparmia la vita, viene costretto dalla Gilda a seguire la ragazza in un viaggio che unirà per sempre i loro destini. I due si troveranno coinvolti in un’epica impresa segnata da inaspettati pericoli e doppi giochi da svelare, in un paese devastato dalle guerre, dove i goblin sono affamati di carne umana e mostri leggendari si rifugiano nelle profondità del mare.