Nevernight. Gli accadimenti di illuminotte
Recensione della trilogia di Jay Kristoff, Mai dimenticare, I grandi giochi, Alba oscura, pubblicata da Oscar Mondadori.
Mai tirarsi indietro. Mai avere paura. E mai, mai dimenticare.
Mi piacerebbe poter avere un unico formato per le recensioni delle saghe (e infatti ci ho provato per quelle che meritano con Viaggio tra le saghe) ma non sempre è possibile: ogni serie di libri ha le sue particolarità, problemi e difetti diversi che richiedono differenti approcci alla recensione. Tutto questo preambolo per dire che la trilogia di Nevernight è uno di questi casi particolari, se non unici (nella mia vita di lettrice fantasy e non almeno): il terzo libro, Alba oscura è di gran lunga inferiore ai precedenti. E quindi la recensione sarà divisa in maniera strana: una prima parte sui primi due e una seconda sulla catastrofe che è il terzo. Ma bando alle ciance e andiamo.
Nevernight parte come una storia di vendetta: tutto quello che Mia fa è per raggiungere un unico scopo, uccidere coloro che hanno distrutto la sua famiglia. Infatti, è l’unico motivo per cui si ritrova ad addestrarsi per diventare una delle più pericolose assassine della Repubblica. Con queste premesse e l’unanime definizione della serie come grimdark (sottogenere del fantasy più cupo, pieno di violenza, abusi, torture, ingiustizie, sesso, ecc.), il minimo che mi aspettavo era di dovermi dimenticare del volemose bene, di avere a che fare con personaggi grigi tendenti al nero. Invece, nonostante l’autore spinga molto sulla violenza, la volgarità e il sesso, il resto non suona molto grimdark. Certo, parliamo di una scuola di assassini, di vendetta su uomini malvagi però Mia è fin da subito compassionevole, si affeziona facilmente e agisce di conseguenza, solo ogni tanto sbuca il suo lato egoista, accecato dalla rabbia per il suo passato. Nei primi due libri questo aspetto è comunque gestito abbastanza bene da Kristoff: non sarebbe stato realistico se Mia fosse stata completamente priva di umanità e l’autore riesce abbastanza bene a mostrare come la vendetta e l’unirsi ad una setta di assassini abbiano un prezzo. La caratterizzazione di Mia regge in questo modo fino al terzo libro, ma a questo ci arriviamo dopo. Gli altri personaggi non sono tutti ugalmente ben descritti, quelli che lo sono riescono ad emergere vividamente nonostante il loro ruolo secondario e alcuni riescono anche ad essere più coerenti della protagonista. Ma come dicevo questo è un problema di Alba oscura: l’introduzione ai personaggi e (quindi parzialmente) anche il loro sviluppo sono ben fatti, coinvolgenti e realistici.
Il worldbuilding è il punto di forza di tutta la trilogia, l’unico elemento che mi ha fatto mantenere la sufficienza anche nel terzo. L’ispirazione per l’ambientazione a Venezia e Roma, oltre che l’intero sistema politico e molto anche quello sociale all’impero romano, non solo mi hanno colpito per l’originalità, ma anche per l’accuratezza. Se proprio bisogna trovare un difetto, all’inizio di Mai dimenticare tutto è molto confuso e poco chiaro, la spiegazione arriva dopo un po’ troppe pagine e molto palese. Kristoff infatti usa le note a piè di pagina per introdurre il mondo e spiegarlo al lettore, peccato solo che all’inizio è uno stratagemma piuttosto ovvio che crea l’effetto infodump. Superato l’inizio confuso, però, sia worldbuilding che le note migliorano a vista d’occhio: la lettura risulta alleggerita una volta che si capisce tutto quello che viene detto e anche le note stesse diventano più ironiche, più commento sarcastico che puramente esplicativo. In tutto questo l’unico aspetto che è poco approfondito, se non molto velocemente e in maniera un po’ raffazonata nel terzo libro, è la magia e il suo funzionamento. L’autore ha palesemente fatto fatica a unire quest’ultimo elemento con l’altro filone della storia, quello degli assassini e della vendetta: il risultato è infatti il terzo libro.
E arriviamo al fatidico ultimo libro. Ho tenuto il commento sulla storia per questa seconda parte perché è l’elemento che per forza di cose risente più del calo qualitativo. Infatti, questo è il libro più lungo dei tre ma è tale inutilmente: la parte centrale è un mega filler degno di One Piece. Con questo non voglio dire che non succede niente, al contrario qualunque cosa vi possa venire in mente accade ma senza un vero filo logico né una motivazione. Si riduce tutto alle ultime 100 pagine con una battaglia finale al limite dell’assurdo (non in senso positivo), di nuovo eccessivamente lunga e ridondante. Si salva la conclusione del filone divino, per così dire, ma viene immediatamente rovinata da un finale banale, senza senso, che annulla tutto il percorso fatto dai personaggi con uno schiocco di dita. Kristoff forse era stufo di scrivere o non aveva idee, sta di fatto che i personaggi vengono completamente distrutti: Mia diventa una bipolare, sempre più simile al classico eroe senza macchia destinato a salvare il mondo; […SPOILER!!!…] Tric torna dal mondo dei morti solo per essere ridotto ad uno zerbino, più innamorato di Mia di quanto sembrasse da vivo, senza una vera utilità, davvero un peccato era un buon personaggio all’inizio; Ashlinn non mi è mai stata simpatica dopo il primo libro, ma qui diventa una lagna vivente che nemmeno Bella Swan […FINE SPOILER]. Come dicevo prima alcuni personaggi secondari si salvano da questa distruzione di massa (in senso figurato, non sto spoilerando che vive e chi muore!) come Sidonious e Mercurio, ma è una magra consolazione. Veniamo all’altro grosso problema che ho avuto con questo libro: la storia d’amore. Già introdotta nel secondo, in questo Kristoff ci prende gusto, fin troppo: diventa tutto troppo sdolcinato, da diabete. Senza fare spoiler, già non mi aveva convinto molto ne I grandi giochi, ma qui raggiungiamo picchi di assurdità e ridicolo davvero allucinanti. Questo grazie anche alle ripetitive, inutili e per niente ben scritte scene spicy: non aggiungono niente alla relazione, sono sempre uguali e anche eccessivamente lunghe e dettagliate considerata, appunto, la loro inutilità.
Potrei andare avanti ore sul perché quest’ultimo libro non mi abbia per niente convinto, ma credo di aver già reso l’idea così. Aggiungo solo che gli ho dato la sufficienza unicamente per il suo essere parte di una trilogia, per quegli elementi che sono rimasti vagamente positivi grazie al lavoro ben fatto nei libri precedenti.
Come primo approccio a Jay Kristoff poteva andare peggio, ma anche meglio. I primi due libri mi avevano conquistata con worldbuilding, originale e curato nei dettagli, e personaggi, approfonditi e ben caratterizzati. Anche la storia era abbastanza intrigante, soprattutto la parte della scuola degli assassini e quella relativa ai tenebris, ma è andato tutto a rotoli con la completa debacle che è il terzo libro. Personaggi stravolti, finale tremendo e fin troppo inutilmente lungo, come il resto del libro che sembra più un mega filler che una degna conclusione.
Mai dimenticare: 9/10
I grandi giochi: 9-/10
Alba oscura: 6/10
Voto: 7/10
Nevernight. Mai dimenticare
di Jay Kristoff
Editore: Oscar Mondadori – Collana: Fantastica
Pagine: 480
Destinata a distruggere imperi, Mia Corvere ha solo dieci anni quando riceve la sua prima lezione sulla morte.
Sei anni dopo, la bambina cresciuta tra le ombre si avvia a mantenere la promessa che ha fatto il giorno in cui ha perso tutto. Ma le possibilità di sconfiggere nemici così potenti sono davvero esili, e Mia è costretta a trasformarsi in un’arma implacabile. Deve mettersi alla prova tra i nemici – e gli amici – più letali, e sopravvivere alla protezione di assassini, mentitori e demoni, nel cuore stesso di una setta dedita all’omicidio. La Chiesa Rossa non è una scuola come le altre, ma neanche Mia è una studentessa come le altre. Le ombre la amano.
Si nutrono della sua paura.